American Dreamz (2006)

di Marcello Moriondo

È un dibattito che in Italia si trascina da anni. Qual è il livello culturale della nostra televisione? C’è ancora qualcosa di sano o esistono soltanto programmi spazzatura? È evidente che gli spazi riservati alla tv di qualità sono sempre più ristretti e posizionati in orari proibitivi sia per il telespettatore che per gli autori dei programmi. I vari format castrano la creatività a favore di piatte formule ripetitive, composte da reality tutti simili nella struttura portante, che variano solo nella location. Oppure quiz tutti uguali, quando non sono tristi e disgustosi pseudo dossier infarciti di gare fratricide.

Un esempio ci arriva d’oltreoceano, con il programma inserito nel film American Dreamz di Paul Weitz, dove un gruppo di ragazzotti, scelti con la massima cura dal conduttore (quasi fosse la giuria del processo del secolo), devono competere e subire le varie eliminatorie, fino al trionfo finale del vincitore, impalmato dal presidente Usa in persona.

Ne esce una satirica e impietosa carrellata attraverso le varie componenti dei cittadini americani, dei tic postumi l’11 settembre, dei telespettatori, dei conduttori e, soprattutto, di chi, governando, dovrebbe dare il buon esempio. Gli interpreti caratterizzano abbastanza bene questa fauna negativa che si sta globalizzando, con Hugh Grant ormai specializzato in ruoli squallidi, Dennis Quaid, presidente “fuori” quanto basta e Mandy Moore più cantante che attrice (e si vede), cui il doppiaggio presta una voce petulante poco in sintonia col personaggio.

Lascia un commento