Cinema Speculation

Il cinema al cinema

di Marcello Moriondo

Leggendo le varie biografie di registi più o meno impegnati o di tendenza (qualcuno potrebbe classificarli “cult”), mi accorgo di aver iniziato il mio percorso di visione cinematografica qualche decennio prima di loro. Escludendo ovviamente personaggi tipo Hitchcock o Truffaut. Mia madre mi portava al cinema quando ero ancora in fasce. Diceva che me ne stavo tranquillo e zitto, con metà del corpo avvolto da bende tipo mummia. Naturalmente in seguito non ho smesso di frequentare le sale cinematografiche, anzi, ho reso più assiduo il mio contatto con il cinema.

Quentin Tarantino non è dissimile dagli altri suoi colleghi registi. Se Spielberg racconta nel suo The Fabelmans di essere stato a vedere Il più grande spettacolo del mondo di Cecil B. DeMille nel 1952, all’età di sei anni, Tarantino nel suo libro Cinema Speculation edito da La nave di Teseo e tradotto da un esperto di cinema quale Alberto Pezzotta, racconta di essere stato al Tiffany in Sunset Boulevard per la doppia proiezione di La guerra del cittadino Joe di John G. Avildsen e Senza un filo di classe di Carl Reiner, nel 1970, a sette anni, accompagnato dalla madre, unico bambino in una sala gremita di spettatori adulti.

Dalle pagine del suo libro si evince la passione per il mondo della celluloide. Tarantino racconta la strada che ha calpestato per arrivare alla regia; le interminabili ore passate al cinema, i primi anni in compagnia di un adulto, quindi ancora accompagnato, ma solo fino all’ingresso della sala. I primi viaggi nella fantasia in celluloide, Quentin li ha vissuti apprezzando soprattutto film d’azione, spesso insieme a un compagno di colore della madre, in cinema frequentati da neri. Proiettavano i cosiddetti blaxploitation, un termine che giocava con le parole black e exloitation: erano film realizzati a poco costo con interpreti neri, destinati a spettatori neri. Questa la premessa al volume di 420 pagine spassose, credo non solo per i cultori del cinema.

Ogni capitolo è un pretesto per raccontare un’epoca, quella hollywoodiana, attraverso i suoi personaggi e alle sue opere, nel bene e nel male, naturalmente sotto la lente soggettiva di Tarantino.

Quindi entra nel vivo con Bullit e il mito di Steve McQueen, confrontato con altre star del periodo, ma anche con spunti di gossip, con gli intrecci sentimentali al di fuori del set, che proseguono nei capitoli successivi con l’incontro con Ali MacGraw.

Si passa poi a Clint Eastwood e l’ispettore Callaghan, un pretesto per un’analisi sulla violenza poliziesca nei film, più volte tacciata di razzismo, quando non di fascismo.

Si prosegue cronologicamente con la New Hollywood degli anni Settanta: i registi contro il potere, Dennis Hopper, Altman, Bob Rafelson, Peckinpah, Friedkin, Cassavetes; i giovani innovatori, l’arrivo di Spielberg, Lucas, Coppola; gli hitchcockiani con le emulazioni di Brian De Palma e il nuovo thriller o horror inaugurato da Polanski.

Con Daisy Miller di Bogdanovich si entra in zona culturale e nei film tratti da opere letterarie. Naturalmente si parla anche di Barry Brown e della sua recitazione nel film. Brown morì suicida quattro anni dopo a soli 27 anni. Tarantino inserisce nel libro anche un articolo che l’attore scrisse alla morte di Bela Lugosi.

Poi Taxi Driver, film che De Palma ha rifiutato, prima adducendo che non avrebbe incassato un dollaro e in seguito che l’avrebbe girato meglio Scorsese. C’è anche un paragrafo che immagina come sarebbe andata se l’avesse diretto De Palma. Poi una riflessione di Quentin: “Quello che sto vedendo è un film su un razzista o un film razzista? Evidentemente la risposta giusta è la prima.

Le pagine scorrono e sugli spazi bianchi appaiono una miriade di reali storie di cinema viste attraverso i gusti mai nascosti dal regista/autore, che non ha mai negato la sua passione per Sergio Leone.

A differenza di molti suoi colleghi, Tarantino ama andare al cinema, anche rivedere più volte un film che ama, la sua memoria cinematografica è coadiuvata dagli appunti che da sempre prende ogni volta che assiste a una proiezione, proprio come i numerosi critici che ha incontrato durante la sua professione e di cui racconta in questo libro descrivendone i pregi e le virtù.

Insomma, che dire? Nonostante la sua mole, lo si legge pagina dopo pagina con la stessa curiosità e il piacere in cui si assiste a una proiezione tanto attesa quanto gratificante.

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